venerdì 29 aprile 2016

Gape


... Mamah si sdraiò pesantemente sul suo adorato triclinio romano, le sembrarono secoli dall'ultima volta che sprofondò su quei gonfi cuscini color vermiglio e di fatti ne passó acqua sotto i ponti. La stanchezza le formicolò lungo tutto il corpo concentrandosi particolarmente negli arti inferiori, come se una cucitrice volesse raccomodare dei lembi lacerati attorno ai polpacci, dunque per trovare una comoda posizione dovette prima contorcersi un bel po', sprimacció due piccoli cuscinetti e se li nascose alla zona lombare, è dal quel  dimenarsi che emerse tra la fessura dello schienale e il sedile lo spigolo di un taccuino.   Mamah spalancò involontariamente la bocca in segno di sorpresa, incredula capì subito di aver ritrovato il suo vecchio diario - Ecco dove t'ho abbandonato! - Mamah fu esterrefatta da quel reperto, d'altronde è l'unico coccio rimasto di una vita vissuta e quasi dimenticata. Agguantò il libretto e lo abbracciò  all'altezza del ventre, sentì le viscere avvoltolarsi e finalmente si decise di distendersi in posizione fetale. 
- Smettere di scrivere è come smettere di respirare - Mamah iniziò a raccogliersi in ascetici pensieri. 
- Sono in apnea da troppo tempo oramai. Eppure sento ancora il desiderio di riavermi. Voglio parlarmi candidamente, vorrei intervistarmi periodicamente: perché ho smesso di tallonare l'ambita verità? Perché ho smesso di latrare tutto il mio odio per le persone che mi circondano? Di certo non ho iniziato ad idolatrare l'essere umano, non riuscirò mai ad ammirare fanaticamente nemmeno un solo essere della mia specie, mai.  Allora perché ho smesso di scrivere di punto in bianco? -

Di scatto Mamah si sedette composta e si guardò bene tra le mani quel libretto dalla rilegatura sciatta e consumata, iniziò lentamente a sfogliare le pagine, una ad una, studiò attentamente lo strano equilibrio che delineava la sua cacografia e il disordine del tracciato, non lesse mai una parola poiché la sua attenzione si spinse alle discromie delle pagine oramai ingiallite dal tempo, poi  al profumo indistinguibile  del degrado cartaceo sino al rilievo della scrittura. Massaggiò la carta ruvida e percepì passare sui polpastrelli piccoli solchi, con sorpresa le papille del derma iniziarono ad inebriarsi della forma delle sue parole. Mai pensava di poter provare così tante sensazioni per un diario di vecchia data.

Mamah s'immerse nuovamente nei suoi pensieri: 

- Smettere di scrivere é come smettere di ragionare, ed io sono un'imbecille da troppo tempo oramai. Tuttavia non è un bene che riprenda a scrivere e a disegnare, ogniqualvolta davo sfogo alla mia creatività c'era di mezzo un'ombra nera in me, la quale oscurava le mie giornate. Non ho mai capito veramente se le parole e le immagini fungano da terapia o inducano a fomentare ancor più  il mio pessimo raziocinio; oppure è vero il contrario? Forse dovrei veramente riprendere a scrivere per acquietare il mio stato d'animo, il quale ora è una mera sozzura, ridotto a melma. So d'essere infangata dal solito stato d’animo da tempi immemori, e so bene di quale molestia sono soggetta, è la noia invincibile, e me ne vergogno, mi vergogno d'essere costantemente annoiata.-

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