giovedì 15 aprile 2010

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.


Tradita più volte e in più modi, è come essere inspiegabilmente travolti da uno schiaffo di uno sconosciuto; ti rialzi disorientata , ti carezzi la parte dolorante, guardi indietro, ti rigiri e incassi un prepotente cazzotto, ricadi ... e così via, fino a quando non ti ricordi più dove dovevi andare.
Che storia! Sconcertante e sconclusionata.


Nella mia babilonia ho capito bene che perdonare è come firmare un armistizio forzato, si diventa presto dei fasulli, poiché diventa automaticamente consueto scimmiottare inesorabilmente i propri sentimenti e i propri ideali. In realtà non c’è nulla da capire dalla vita, è già tutto fin troppo chiaro, in questo quieto vivere si è soli tra un branco di aulici satanisti.
Nel mio modo di vedere il perdono esiste solamente quando non si ha veramente qualcuno o qualcosa da perdere, altrimenti perché perdonare? Perché accantonare e dimenticare?
Il tradimento non merita l’indulgenza, altrimenti non ha senso, come non ha senso essere immancabilmente raggirati. Per tale motivo provo disprezzo verso me stessa, non ho ancora cancellato l’idrofobia verso colui il quale mi ha pugnalata più e più volte.
Perdonare no, ma amare quanto odiare è possibile invece. Nescio.
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